Si prevedono tempi difficili per i porti per il moltiplicarsi delle azioni sindacali in risposta all’aumento dell’inflazione. A Felixstowe e Liverpool, in Inghilterra, ma anche in Germania, le catene di approvvigionamento, già messe a dura prova durante il periodo pandemico, sono sotto pressione.
Lo sciopero più noto, quello nel porto di Felixstowe, ha coinvolto ben 1900 lavoratori ed è iniziato il 21 agosto scorso. Si prevedono otto giorni di picchetti in banchina e blocchi operativi come risposta al mancato raggiungimento di un accordo con la parte datoriale sull’adeguamento del salario all’attuale tasso di inflazione.
Negli ultimi due anni, lo scalo inglese ha già sofferto dei noti problemi di congestione che hanno messo sotto stress la tenuta operativa di molti altri scali portuali (tra cui quelli di Los Angeles e Long Beach).
Numerose sono anche le vertenze sindacali che nelle ultime settimane hanno investito i porti tedeschi. Al momento, infatti, non è ancora stato raggiunto un accordo tra il sindacato Ver.di e l’Associazione centrale degli operatori marittimi tedeschi (ZDS). Le trattative sono attualmente in corso. Il sindacato sta negoziando per i circa 12.000 lavoratori delle 58 aziende dislocate nei principali porti, tra cui Amburgo, Bremerhaven e Wilhelmshaven.
L’immediata conseguenza di queste proteste è quella di un accumulo di container nei terminal e nei depositi di stoccaggio, che ha finito con il creare nuove inefficienze operative e mettere sotto stress l’intera catena distributiva europea.
Si tratta di un problema che è andato ad aggiungersi a quello della siccità che in questi mesi ha colpito l’Europa, abbassando il Reno a un livello record dall’inizio del Secolo e causando, così, gravi disagi alla circolazione delle merci e alla fornitura di acqua potabile.